Il pensiero di Sarah sulla nutrizione delle Koi

Premessa (a cura di Roberto Opizzi)

La nutrizione è l’insieme dei processi biologici che consentono, o che condizionano, la sopravvivenza, la crescita, lo sviluppo e l’integrità di un organismo vivente sulla base della disponibilità di energia e di nutrienti.

Essa è quindi distinguibile dall’alimentazione che, in fisiologia, è considerata come il momento della nutrizione corrispondente all’azione di procurare i nutrienti all’organismo ed alle trasformazioni che il cibo subisce nel tratto digerente.

In questo lavoro, incentrato sulla nutrizione ma con ampi e frequenti correlazioni con altri aspetti del koi keeping, Sarah Zambrino ci porta ad immaginare un regime alimentare studiato appositamente per le Koi e monitorato nel tempo che abbia questi tre obiettivi: avere un intestino sano, un assorbimento corretto dei micronuenti e un bilancio positivo del metabolismo basale correggendo eventuali disequilibri metabolici ed energetici che si verificano nel corso di una patologia medica.

 

 

LA NUTRIZIONE

Le Koi, carpe giapponesi ornamentali, nome latino Ciprinus Carpio, sono pesci alloctoni che differiscono nella morfologia, nei colori e per le tecniche con le quali sono allevate, dalle carpe nostrane (anch’esse Ciprinus Carpio) che, invece, sono pesci autoctoni dei nostri ambienti palustri fluviali e lacustri.

Le Koi derivano da carpe di provenienza cinese, già esse molto diverse dalle nostre carpe comuni, importate in Giappone fin dal XIII secolo.

Dal 1603 in poi i contadini della regione Yamakoshi, un’area montuosa a Nord del Giappone, diversamente da come avviene nel resto del mondo, cominciano ad allevarle intensivamente in vasche di pietra mantenute in acqua corrente poste all’esterno ed all’interno delle loro abitazioni, alimentandole con avanzi di cibo, riso e verdura principalmente, ma anche pesce.

Le carpe, dopo essere state pescate nel fiume Uono, venivano allevate negli Ikesu (laghetti) costruiti vicino o addirittura dentro le abitazioni, in cucina, fino al raggiungimento della taglia utile per essere utilizzate come fonte di cibo proteico. Gli Hikesu avevano una capienza di circa 3mc ed una profondità pari a 45 cm e venivano gestiti con acqua corrente.

Ancora oggi nella zona di Harie, lato ovest del lago Biwa, prefettura di Shiga, è in vigore l’utilizzo dei Kawabata , una sorta di Ikesu domestico, dove sono allevate le koi ad uso alimentare.

Essi sono composti da tre zone distinte: Motoike (dove arriva l’acqua dal sottosuolo direttamente dal lago Biwa), Tsubochi (contenitore per lavare la verdura) e Tanchi (dove si sciacquano le stoviglie e si allevano le koi). Le carpe Koi vengono nutrite così con gli scarti del cibo e, poichè il tanchi si alimenta con acqua sorgiva, l’acqua rimane pulita.

Nel 1904 vengono importate dalla Germania alcune carpe cuoio, interessanti perché facili da pulire in quanto senza squame e successivamente, ibridate con le carpe comuni giapponesi. Nel 1914 viene organizzata la Taisho Expo, una manifestazione per promuovere l’agricoltura in onore dell’Imperatore Taisho. Qui vengono messe in mostra per la prima volta ventitré carpe colorate. Le otto più grandi e belle, vengono regalate all’Imperatore.

Queste carpe colorate riscuotono una immensa fama e vengono chiamate Hanagoi, che in giapponese significa “carpe fiorite”.

Le prime Koi vengono dichiarate tali nel 1918 e le tecniche di allevamento si modificano per esaltarne le caratteristiche: le Koi sono trasferite in vasche all’interno di serre, la temperatura dell’acqua mantenuta costante a 20-25°C, l’acqua viene arricchita di ossigeno, vengono migliorate le condizioni di salubrità delle vasche, e l’alimentazione si specializza.

La selezione diventa parte essenziale dell’allevamento. Infatti si, calcola che da un gruppo di 500.000 avannotti, in cinque anni, si ottengano solamente tre tategoi, parola che in giapponese significa : “promessa di campione“.

Poiché allevamento, alimentazione e selezione sono determinanti, questi tre elementi hanno radicalmente modificato le carpe comuni giapponesi trasformandole in un pesce che non esiste in natura e che ha molte più affinità con una trota che con la primitiva carpa da cui derivano.

Le carpe colorate

Al mondo esistono impropriamente due versioni di “cosiddette Koi” : le Koi e le carpe colorate.

Molti pensano che tra loro vi sia solo una diversificazione qualitativa (e in termini di prezzo lo è sicuramente) ma in realtà, molto semplicemente, sono identificabili due animali molto diversi.

In Giappone, sia gli stessi allevatori di Koi che i privati, hanno reintrodotto le Koi in ambienti naturali o pseudo tali, provocando con questo comportamento una retrocessione evolutiva della specie, per via della sostituzione della selezione naturale con quella svolta negli allevamenti.

Si calcola infatti che riproducendo una Koi con carpe comuni, in tre generazioni il prodotto finale sia un ibrido molto prossimo della carpa comune. In tutti i casi intermedi si ottiene comunque un ibrido.

Riproducendo fra di loro Koi atipiche (quelle scartate dagli allevatori per intenderci) già con la prima riproduzione si ottengono in maggioranza ibridi e, man mano si procede con le riproduzioni, ci si allontana sempre di più dal fenotipo di una vera Koi.

In Italia è vietato dalla legge, principalmente regolamenti comunali di polizia veterinaria, introdurre in acque interne pesci alloctoni, come le carpe colorate o le Koi, specialmente soggetti affetti da una qualche patologia. Ciò non di meno molte persone lo fanno ugualmente.

Ecco alcuni esempi di disposizioni regolamentari:

  • L’immissione e la re immissione nelle acque interne di specie ittiche estranee alla fauna autoctona è vietata.
  • È necessario evitare la propagazione di una malattia negli animali d’acquacoltura già al suo manifestarsi e prevenirla con un controllo preciso degli spostamenti degli animali d’acquacoltura vivi.
  • E’ severamente vietato abbandonare o rilasciare qualsiasi tipo di animale, sia domestico che selvatico, sia appartenente alla fauna autoctona o esotica, nonché uova o forme larvali, in qualunque parte del territorio comunale, compresi giardini, parchi e qualsiasi tipologia di corpo idrico. Inoltre sono severamente vietati gli atti di crudeltà contro gli animali, i maltrattamenti ed il loro abbandono.

Tanto in Italia come nel resto mondo si allevano carpe colorate, che sono così correttamente definite proprio perché le metodologie di allevamento sono completamente diverse da quelle giapponesi, le quali sono ugualmente determinanti per l’animale.

Le carpe colorate sono comuni in tutto il mondo (quelle della terza immagine sono state fotografate al Kiyosumi Park di Tokyo) allevate sia per scopi ornamentali che per diletto dei pescatori. Non sono Koi anche se sono a loro, più o meno, assimilabili.

In Giappone gli allevatori sono soliti regalare a laghetti di ristoranti, parchi pubblici e templi soggetti ibridi di pessima qualità o soggetti deformi per non doverli sopprimere. In questi ambienti poi, molto spesso, ci sono anche carpe comuni che si ibridano ulteriormente. Il risultato di questi incroci sono le carpe colorate.

Quello che in Giappone accade per caso nel resto del mondo accade anche per la volontà di piscicoltori di produrre carpe colorate a basso costo. Poichè allevamento e selezione sono assolutamente determinati, il frutto di queste riproduzioni atipiche sono un pesce morfologicamente ed esteticamente diverso dalle Koi originali.

Infatti sono sempre di taglia molto più piccola di come naturalmente dovrebbe essere, hanno una conformazione fisica adatta all’ambiente naturale in cui vivono ed al tipo di cibo con cui si nutrono, talvolta presentano pinne allungate (Butterfly Koi; Longfin Koi; Dragon Koi; Hirenaga Koi) che derivano da ibridazioni con i carassi, colori mal posizionati rispetto ad una Koi, tendenzialmente poco elastici, poco profondi o molto sporchi di nero (Ghost Koi) che dipendono dalla regressione evolutiva prima verso le Asagi (la prima varietà di Koi creata) poi verso le Magoi (le progenitrici delle Koi) fino alle carpe comuni.

Le Koi sono animali da compagnia

Le Koi sono animali da compagnia (Pets) e devono vivere in un ambiente idoneo.

Immettere e mantenere una Koi in un laghetto naturale o in un pond artificiale, privo dei requisiti di idoneità costruttiva tali da renderlo un ambiente idoneo, potrebbe configurare il reato, penalmente perseguito, di maltrattamento di animali sebbene sia un comportamento molto comune.

La normativa italiana riconosce quindi:

  • A tutti gli animali di proprietà, o custoditi a qualsiasi titolo, dovrà essere garantita costantemente la possibilità di soddisfare le proprie fondamentali esigenze, relative alle loro caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali, nel rispetto delle esigenze di tutela del pubblico decoro, igiene e salute. 
  • E’ fatto divieto di lasciare l’ittiofauna in vasche senza l’ossigenatore ed a temperature non conformi alle esigenze fisiologiche della specie.
  • Gli animali acquatici appartenenti a specie sociali dovranno essere tenuti preferibilmente in coppia.
  • In ogni acquario devono essere garantiti il ricambio, la depurazione e l’ossigenazione dell’acqua, le cui caratteristiche chimico/fisiche e di temperatura conformi alle esigenze fisiologiche delle specie ospitate
  • In riferimento alle Koi, esse possono essere detenute solo in impianti ornamentali chiusi, senza contatto diretto con il sistema idrico naturale, dotati di un sistema di trattamento delle acque reflue per contenere, ad un livello accettabile, il rischio di trasmissione delle malattie nel sistema idrico naturale, ossia non devono esserci né affluenti né defluenti e gli scarichi devono essere smaltiti con impianto fognario per le acque scure.

Le attuali Koi sono Pets molto robusti con un metabolismo da “onnivoro/carnivoro/piscivoro” anche se quest’ultimo termine sembra improprio in riferimento ad un ciprinus carpio, universalmente considerato un “onnivoro/erbivoro”.

Esso è riferibile alle Koi discendendo dalle metodologie di allevamento che le hanno create e perfezionate.

Le carpe comuni selvatiche principalmente mangiano alghe, piante acquatiche, piccoli insetti e, se disponibili, crostacei e molluschi di acqua dolce.

Questo “se disponibili” dipende purtroppo dalle condizioni ambientali.

Le nostre acque interne hanno subito cambiamenti per via dell’inquinamento e di altri fattori che hanno quasi sterminato la popolazione di gamberi nostrani e sensibilmente diminuito quella di molluschi bivalvi. Negli ultimi anni sono stati introdotti i gamberi della Louisiana ma in ogni caso, questi gamberi non sono presenti ovunque.

Molte carpe comuni selvatiche (vissute anche trent’anni) quindi non ne hanno mai mangiati, senza per questo aver subito alcuna carenza alimentare o deficit nutrizionale. Questo è frutto del loro adattamento alle condizioni ambientali che le ha indirizzate ad un’alimentazione più prossima agli erbivori (pur essendo degli onnivori).

Parimenti, le Koi giapponesi, pur equipaggiate con caratteristiche da erbivoro, quali il loro apparato gastrointestinale e la loro dentatura, hanno sviluppato per adattarsi all’allevamento in cattività un metabolismo da “onnivoro/carnivoro/piscivoro”.

Il loro allevamento infatti, utilizza metodologie particolari e specifiche, in funzione degli scopi che gli allevatori giapponesi si sono preposti (e fonte proprio delle Koi giapponesi).

L’alimentazione corretta per una Koi quindi non è naturale, tanto quanto loro non sono animali selvatici, ma è prestabilita dall’uomo e finalizzata a tre scopi precisi:

Salute e longevità: Le Koi hanno una aspettativa di vita parificabile o superiore a quella dell’uomo, pressoché doppia rispetto a quella di una carpa selvatica;

Dimensioni e muscolarità: Sono animali guizzanti per definizione ossia muscolosi e potenti che raggiungono taglie notevoli. La cosiddetta “bodyline” o morfologia di una Koi prevede muscolarità esplodente. Attualmente le koi arrivano a misurare fin oltre ai 115 cm, con un peso che per le femmine (che hanno dimensioni maggiori) può raggiungere fino a 50 kg. Le Koi superano del 40% il peso delle carpe selvatiche.

Bellezza funzionale : Le Koi sono valutate utilizzando rigorosi standard  intendendo per “bellezza funzionale” l’assenza di caratteristiche deformanti del loro aspetto o caratteristiche che possano indurre deficit come ad esempio cecità. Questi standard sono molto precisi e stabiliscono a priori il colore, il tipo, la posizione, la densità e la percentuale in relazione alla superficie della Koi.

Anche la morfologia è molto precisa e differisce nell’aspetto da varietà a varietà. Nelle gare di bellezza, la morfologia rappresenta il 50% del punteggio finale, la qualità della pelle e dei colori il 30% del punteggio finale, la posizione delle macchie il 10% del punteggio finale, la tipicità ed unicità del soggetto (“colpo d’occhio”) il restante 10% del punteggio finale.

La selezione in questi animali è attualmente ancora l’elemento determinante, ed è lunga e costosa perché si deve attendere lo sviluppo completo dell’animale (fino a circa cinque anni è un cucciolo) che diviene adulto a 6-8 anni.

Un campione mondiale delle carpe Koi ha di norma questa età o poco di più e, data la sua rarità, un valore che può superare il milione di euro. Un soggetto campione assoluto (Grand Champion), ha un valore che dipende anche da dove ha gareggiato (in Europa inferiore e in Giappone superiore) che può oscillare dai 50-100.000 € ai 500.000 €.

Mediamente un buon soggetto, che gli allevatori giapponesi scartano all’età di 2-5 anni, una volta importato costa già 2.000-10.000 €. In Europa sono stati importati soggetti all’età di 6-8 anni pagati dagli appassionati anche 300.000 €.

Tre esempi di Kohaku di qualità e valore economico completamente diverso (€.€€€.€€€ – €€€.€€€ – €.€€€) pur essendo tutte e tre delle Grand Champion ossia miglior soggetto assoluto ad una gara di bellezza delle Koi, ma in contesti diversi : Giappone, Europa e Italia.

La prima è M.Legend, bis campione mondiale, 8 anni, 97 cm, allevata da Kentaro Sakai presso Sakai Fish Farm, attualmente usata come riproduttore nella stessa fish farm, Grand Champion 42th All Japan Combined Nishikigoi Show 2011 e Grand Champion 44th All Japan Combined Nishikigoi Show 2013.

La seconda è Dream Fujiko, una delle più costose kohaku importate in Europa fino al 2007, 6-8 anni, 80-85 cm, allevata da Kentaro Sakai presso Sakai Fish Farm, Grand Champion 15th NVH Holland Koi Show 2007.

La terza è Hanako, una bella kohaku importata in Italia, 3 anni, 62 cm, allevata da Masaaki Oishi presso Oishi Fish Farm, Grand Champion 1st Italian Koi Show 2014.

ALIMENTAZIONE

L’alimentazione delle Koi, in Giappone, è composta al 70% da un mangime completo, specifico e bilanciato e dal restante 30% da materie prime fresche.

In passato i mangimi specifici per le Koi non erano disponibili sul mercato e la dieta a base di avanzi di cibo era integrata con bachi della seta, un prodotto di scarto della lavorazione della seta molto comune in Giappone, ossia la pupa privata del bozzolo setoso.

Da quando esiste l’animale definito Koi, ossia a partire dal 1918, questa è l’alimentazione che ha dato i migliori risultati.

Molti appassionati sentono dire che il cosiddetto “cibo naturale” sia il migliore, ma non conoscono il contesto cui questa affermazione si applica.

Le Koi sono molto selettive sul cibo e sono in grado di scegliere minuziosamente ciò che mangiano, a tale fine utilizzano i loro sensi olfattivi, visivi e gustativi: hanno occhi privi di palpebre che possono orientare in maniera indipendente distinguendo bene il colore rosso, il verde ed il giallo (per questo la loro vista è molto accurata ma solo nei primi due metri), le narici sono collegate fra di loro da una cavità a forma di “U” ove risiede la capacità olfattiva delle Koi (si stima che l’olfatto di una carpa sia cinquanta volte superiore a quello di un essere umano), presentano quattro baffi, una coppia di lunghezza minore posizionata più in alto ed una coppia di lunghezza maggiore posizionata più in basso, sui quali, oltre che sulle labbra ed all’interno della bocca, le Koi hanno i ricettori del gusto.

In questo modo possono trovare facilmente il cibo ed assaggiarlo prima di inghiottirlo (infatti non di rado scelgono cosa mangiare assaggiandolo) e sputando ciò che a loro non piace.

Va inoltre considerato che ciascuna Koi ha per così dire il suo “carattere”. Infatti, anche soggetti tutti nati dalla stessa riproduzione, con gli stessi genitori e con un identico “pacchetto genetico”, possono avere la stessa capacità di crescita, ma non avranno mai la stessa propensione a nutrirsi. Ci saranno sempre soggetti più voraci e soggetti più timidi.

Poiché non è pensabile una nutrizione artificiale indotta, come si potrebbe fare allattando col biberon un cucciolo di altro animale, le Koi patiscono sin da piccole la competizione alimentare e hanno, conseguentemente, uno sviluppo molto diverso da soggetto a soggetto.

Molti allevatori giapponesi non hanno Koi farm particolarmente estese e quindi adottano la soluzione dei cosiddetti “Mud Pond” per risolvere il problema della competizione alimentare.

Anche se ci sono allevatori come il famoso Momotaro (noto per allevare Koi di enormi dimensioni e di eccellente qualità) che pur possedendo fattorie enormi alleva esclusivamente in serra, molti ricorrono all’allevamento in stato di semilibertà.

Purtroppo allevando in semilibertà non esiste controllo diretto sul pesce ed il rischio di mortalità triplica. Inoltre anche se le koi possono ammalarsi pure allevate in serra in semilibertà la malattia è più frequente ed in assenza di cure veterinarie, possono residuare danni permanenti che, sicuramente ne compromettono il valore economico, come ad esempio la perdita di un occhio o di una pinna o di parte dell’apparato boccale.

Un “Mud Pond” è un laghetto semi-naturale che viene specificatamente preparato prima dell’inserimento delle koi, preparandone il fondo trasformandolo in un gigantesco filtro biologico, allevando al suo interno animali vivi come i gamberetti (che costituiranno insieme alle alghe il 100% della dieta delle Koi immesse), infine mantenuto in regime di acqua corrente.

Gli allevatori cercano di ridurre al minimo la possibilità per le Koi di farsi male proteggendo, ad esempio, eventuali muretti di contenimento e/o rocce sporgenti dal terreno, con teloni e copertoni d’auto.

Una volta immesse le Koi brucano gamberetti tutto il tempo, quasi come come animali al pascolo, in questo modo ciascuna di esse si nutre correttamente a prescindere dalla sua attitudine.

Certamente questo tipo di allevamento in termini nutrizionali è efficace ma viene considerato estremamente rischioso e così ridotto, in termini temporali, a periodi che variano fra i tre ed i sei mesi nel corso dell’anno, a seconda delle possibilità degli allevatori di spostare le Koi al sicuro nelle serre delle fish farm.

Questa alimentazione esclusiva a base di gamberetti e con una minima percentuale di alghe, sebbene particolarmente adatta ai soggetti in crescita ed utile per lo sviluppo della muscolatura e dei colori, non è ovviamente sostenibile da una Koi se protratta all’infinito, in quanto presenta innumerevoli carenze e non tiene conto delle diverse fasi della crescita: sviluppo, maggiore età, anzianità.

Queste Koi sono tosai, ossia koi nel loro primo anno di età, della varietà Beni Kumonryu e sono tutte nate dalla stessa riproduzione. Hanno quindi tutte lo stesso corredo genetico ma sono cresciute in maniera molto diversa. Infatti presentano una dimensione che si aggira tra i cinque ed i trenta cm all’incirca.

Questo è il frutto della competizione alimentare e dalle diverse attitudini a nutrirsi di ciascuna di esse.

Mediamente, oltre che diventare di dimensioni e di peso maggiori, le femmine sono più calme, tranquille e serene e più inclini a nutrirsi anche per tutto il tempo in cui il cibo è a loro disposizione mentre i maschi, decisamente più nervosi ed irrequieti si lasciano facilmente distogliere dal’alimentazione ed in generale sono meno inclini a nutrirsi abbondantemente ed efficacemente.

In termini di alimentazione le Koi hanno necessità specifiche in quanto sono pesci privi di stomaco, con un apparato gastrointestinale costituito da un tubo digerente che, nell’adulto, è circa tre volte la sua lunghezza totale.

Producono gli enzimi necessari alla digestione solo nella prima parte, indistinta e leggermente rigonfia, che viene considerata lo “stomaco fisiologico”.

Le Koi non possono digerire l’intera gamma di proteine di cui si nutrirebbe un carnivoro e per questo motivo devono potersi nutrire di proteine compatibili con l’ambiente acquatico, diversamente esse non potrebbero assimilare ciò che mangiano.

Le proteine contenute nel mangime degli animali di terra sono costituite da catene di aminoacidi troppo lunghe perché una Koi riesca a demolirle nel “breve” tempo in cui queste sono sottoposte all’esposizione degli enzimi digestivi lungo il tubo digerente, e quindi assorbirne i nutrimenti.

Le proteine di fonte acquatica, vegetale o animale, invece sono costituite da catene di aminoacidi corte e quindi digeribili.

Inoltre le Koi non possono gestire carboidrati e fibra come un erbivoro e devono riceverne il giusto apporto per non incorrere in eccessi di massa grassa e congestione.

catena proteica lunga

catena proteica corta
Se le catene di aminoacidi che compongono una proteina sono lunghe, gli enzimi prodotti nel tubo digerente le spezzano ma non riescono a ridurle fino ad arrivare ai nutrienti che, in questo modo, non possono essere assorbiti dal sistema digerente.

Se invece le catene che compongono la proteina sono corte gli enzimi possono spezzare  tali catene liberando i nutrimenti che la compongono, così questi possono attraversare la parete del tubo digerente, raggiungere i vasi sanguigni ed essere così assimilati.

Le koi sono pesci ossei teleostei di grande mole, le loro ossa sono leggere e prive di midollo al centro, questo le aiuta a mantenere il galleggiamento in acqua.

La colonna vertebrale termina alla base della coda e non si prolunga nel suo lobo superiore. La coda è generalmente omocerca, ossia con due i due lobi sono pressoché uguali. La bocca ha una particolare conformazione per consentire di raccogliere cibo aspirandolo o protendendo le mascelle verso l’esterno, è mobile non solo l’osso mascellare, ma anche quello premascellare.

Il loro apparato scheletrico deve sostenere l’imponente muscolatura e deve essere sufficientemente elastico per poter gestire urti accidentali in acqua, data la loro attitudine ai salti ed ai guizzi fulminei. Per mantenere in perfetta efficienza il loro apparato scheletrico hanno bisogno di vitamine, sali minerali, oligoelementi e calcio.

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Il loro apparato boccale è molto delicato, soprattutto rispetto alle carpe comuni, e ancor più delicato nelle giovani koi. Le Nishikigoi hanno denti faringei, questi denti cadono e rispuntano regolarmente. Si tratta di alcuni denti masticatori arrotondati da erbivoro.

I mangimi per loro devono avere dimensioni rapportate alla bocca della koi che deve inghiottirli, inoltre più queste dimensioni saranno piccole, più facile sarà digerire il mangime. Non vanno assolutamente utilizzate crocchette troppo dure come quelle coestruse.

Vanno evitati gli alimenti con parti acuminate, come ad esempio alcuni tipi di gamberetti liofilizzati, che potrebbero conficcarsi in bocca, nelle branchie o creare lacerazioni del tubo digerente. La loro consistenza preferita è morbida o gommosa e questo rende qualsiasi alimento più appetibile per loro.

 Denti faringei di Koi. Esse li cambiano di continuo, quasi fossero “denti da latte”. A destra spaccato di testa in cui si vede l’apparato boccale e la sua fragilità e la posizione dei denti faringei, la cui funzione è schiacciare e rompere piccole porzioni di cibo, meglio se morbido. Questi denti sono configurabili in due categorie: alcuni sono piatti con una sorta di “superficie antiscivolo” per trattenere il cibo, altri rotondi e piatti per romperlo.

Nelle koi è fondamentale lo sviluppo del colore che va supportato con l’alimentazione. Nel mondo delle Koi sono rappresentati praticamente tutti i colori (bianco, nero, blu, giallo e rosso), e loro sfumature (viola, verde, senape, marrone, grigio, arancione, etc), oltre alle tinte metallizzate (come il metallizzato di una autovettura).

Questi colori sono dati dalla combinazione e dalla posizione nel tessuto tegumentario di quattro cromatofori: i melanofori per il nero, gli eritrofori per il rosso, gli xantofori per il giallo, gli iridofori incolore come la guanina che conferisce l’effetto metallizzato. Ad esempio i melanofori a seconda della profondità cui sono collocati possono produrre il nero ma anche l’azzurro o, combinati con gli xantofori, il verde.

Tutte queste sostanze non possono essere addizionate alla dieta, ma alcuni nutrienti specifici possono promuoverne la produzione e l’emersione nel tessuto tegumentario.

La colorazione di una koi deve essere prima di tutto omogena, se sono presenti delle macchie i loro bordi devono essere estremamente nitidi. Escludendo le kawagoi, ossia le koi doitsu, prive di squame e meno apprezzate dai giapponesi in generale, le koi sono ricoperte da squame che, a loro volta, sono ricoperte da un sottile strato di tegumento.

Riguardo l’omogeneità del colore, questa potrebbe sembrare scontata ma non è così. Infatti in una koi squamata il colore della pelle deve riproporsi sulle squame, e poiché queste sono ossee, affinché il colore pigmenti adeguatamente anche su di loro occorre tempo, fra le squame però è sempre visibile il fukurin costituito solamente da pelle e quindi con un colore più intenso fin da subito.

Per questo motivo ad esempio se guardiamo una koi di giovane età sembra sempre che “la radice della squama” abbia un colore più intenso ed il bordo di questa meno intenso, in realtà guardando da vicino ci si accorge che è il fukurin ad essere più intenso e la squama ad esserlo meno.

Riguardo la definizione delle macchie di colore il problema è ancora legato alla squamatura. Infatti perché una macchia di colore appaia profonda e ben delineata il colore deve essere sia negli strati superficiali della pelle, sia sulla superficie delle squame.

La linea di demarcazione fra due colori deve coincidere precisamente sia sulla pelle sia sulle squame che si sovrappongono ad essa. Se le due linee non coincidono la linea di demarcazione appare sfocata. Questa linea di demarcazione può essere, seguendo il verso delle squame, anteriore, in questo caso si chiama Sashi, o posteriore, in questo caso si chiama Kiwa.

La capacità di una Koi di formare buoni Sashi e Kiwa è predeterminata dalla sua genetica, per questo motivo la tipologia di Kiwa, così come la tipologia del pattern, possono aiutarci a capire le linee di sangue e la genetica, e conseguentemente a capire da quale allevamento proviene una Koi.

Kamisori Giwa e Maruzome Giwa (anche detto Tama Giwa) sono due tipologie di bordo macchia posteriori. La parte frontale del bordo macchia è detto Sashi.

Kamisori Giwa descrive la forma dritta ed affilata come un rasoio che taglia le squame a metà. E’ una delle forme ideali di Kiwa, soprautto per far risaltare poche ma grandi macchie di forma ovoidale (ad esempio una Kohaku con pattern Sandan o Yondan).

Maruzome Giwa, molto comune nelle linee di sangue Dainichi, è parimenti apprezzato perchè somiglia alla forma di un petalo di ciliegio, è ideale per far risaltare un maggior numero di macchie piccole e di forma circolare, ad esempio una Kohaku con pattern Gotenzakura.

Il colore deve essere anche profondo ed elastico, ossia deve essere presente anche sulla pelle fra le squame, diversamente il colore viene definito poco elastico, quando la Koi si muove si vede il colore sottostante emerge fra le squame, inoltre con la crescita può “esplodere” e diventare Kanoko.

 Kanoko Gotenzakura Kohaku, allevatore Dainichi. Kanoko è il termine giapponese per indicare la punteggiatura di un taglio particolare di carne di balena, prelevato dai muscoli delle pinne pettorali o la colorazione del dorso di un daino

La dieta quindi si rivela fondamentale per lo sviluppo dei colori di una Koi, può migliorarli e promuoverne lo sviluppo, ma NON può sopperire al corredo genetico.

Per questo motivo l’utilizzo di sostanze naturali che supportano la colorazione delle Koi è necessario durante la crescita e/o in una serie di situazioni specifiche quali ad esempio:

  • ad inizio primavera, quando i colori sono spenti dalla scarsa luce invernale;
  • dopo la “frega delle koi” quando i colori sono danneggiati dall’abrasione;
  • a seguito di una malattia, come nel caso di cicatrizzazione a seguito di un’ulcera in cui il tessuto cicatriziale è bianco e deve ripigmentarsi;
  • sempre se le koi sono mantenute in acquario o al chiuso, lontane dal sole.

Questi promotori del colore sono costituiti da sali minerali ed oligoelementi specifici e dai β carotenoidi.

Fornire tramite dieta un apporto esagerato di sostanze promotrici dei colori è però pericoloso. Un apporto eccessivo di sali minerali, infatti potrebbe alterare le ossa, mentre un apporto eccessivo di β carotenoidi potrebbe alterare i colori (il colore bianco potrebbe diventare giallino).

In alcune varietà di Koi comunque, l’utilizzo di β carotenoidi è fortemente sconsigliato. Ad esempio nelle Shiro Utsuri, discendenti delle Showa, potrebbe far emergere macchie di colore dal giallo al rosso.

La dieta di una koi deve adattarsi non solo alle esigenze dettate dalla crescita, dallo sviluppo e dall’invecchiamento dell’animale, ma deve anche essere compatibile con la temperatura dell’acqua in cui le Koi nuotano.
Riguardo la crescita:

  • Le giovani koi devo formare le branchie e la struttura scheletrica, inoltre i proporzione alle koi di maggiore età hanno un tubo digerente molto più corto. Devono assumere proteine estremamente digeribili, in quanto diversamente il loro stomaco fisiologico si gonfia troppo. La loro dieta necessita di: Maggiori quantità di proteine (50-60%) provenienti da animali acquatici quali pesci, crostacei marini, molluschi, e krill (50-60%).
    o Sali minerali, oligoelementi e vitamine specifici per la crescita come ad esempio: calcio, cloro, magnesio, fosforo, potassio, sodio, rame, zolfo, vitamina A, vitamina C e vitamina D.
  • Le koi adulte devono mantenere il loro apparato scheletrico in buona efficienza, i loro colori devono essere brillanti più a lungo possibile e la loro massa grassa deve essere tenuta sotto controllo in funzione di una maggiore pigrizia sopraggiunta con l’età. La loro dieta necessita di:
    • Minori quantità di proteine (30-40%) provenienti da fonte vegetale come ad esempio le alghe, che favoriscono un corretto apporto di fibre.
      o Sali minerali, oligoelementi, vitamine e promotori dei colori quali ad esempio: calcio, magnesio, potassio, ferro, vitamine del gruppo B, vitamina C, vitamina E, vitamina K, vitamina J, carotenoidi e β carotenoidi.
  • Le koi di maggiore età devono mantenere efficiente il loro sistema immunitario indebolito dagli anni, rispetto alle koi adulte, necessitano di un continuo sostegno delle loro difese naturali. La loro dieta necessita di un continuo supporto immunostimolante con integratori specifici quali ad esempio i prodotti da fermentazione lattica, glucani e β glucani.

Riguardo alla temperatura dell’acqua in cui nuotano, le koi sono pesci eterotermi e quindi ne assumono la temperatura. Per questo motivo il loro metabolismo e le loro difese immunitarie quando questa si abbassa, e le aumentano quando questa si rialza.

Inverno:

Le koi sono letargiche ed estremamente esposte dal punto di vista del loro sistema immunitario che in acqua fredda è poco efficace. Le koi in Giappone non vanno in letargo che per loro è una forzatura ed è estremamente debilitante. I filtri biologici non sono operativi.

Per via dell’aria fredda le koi devono mangiare sul fondo completamente circondate dall’acqua. L’alimentazione va quindi ridotta sensibilmente e gradualmente portata a zero continuando a monitorare i valori dell’acqua.

In passato si riteneva che in autunno e durante la prima fase dell’inverno, per via della temperatura dell’acqua molto fredda e di una ulteriore maggiore pigrizia, fosse lecito nutrire le Koi con alimenti a base di cereali ricchi di fibra, che fermentando nel loro sistema digerente promuovessero il sistema immunitario e rendessero più facile la digestione, promossa anche dal maggiore apporto di fibra.

Questa opinione fu diffusa soprattutto ad opera di un noto produttore di mangimi giapponese ma ben presto divenne consapevolezza e dato scientifico.

Negli ultimi anni però, si è verificato che una dieta di questo tipo è addirittura pericolosa perché proprio l’eccesso di fibra può indurre blocchi intestinali con conseguenze letali. Oggi invece, prendendo spunto anche da cosa mangiano le carpe in natura in questo periodo dell’anno, si ritiene che la dieta più appropriata per le koi in acqua fredda sia principalmente proteica, escludendo proprio quelle dei cereali perché troppo ricche di fibra. Vanno nutrite sul fondo per evitare di esporle al freddo, possibilmente con consistenze morbide.

Estate

Le koi elevano al massimo tutte le loro funzioni vitali, sono forti e fanno molta attività fisica. I filtri biologici sono operativi al 100%. Questo è anche il periodo della riproduzione.

Questo è il periodo in cui le koi mangiano di più, ma necessitano di ossigeno per digerire. Quando la temperatura dell’acqua raggiunge e supera i 30°C, questa sostanza è molto volatile, e scarseggia particolarmente la notte nei laghetti ricchi di piante acquatiche, per questo le koi potrebbero andare incontro a soffocamento notturno. L’alimentazione va limitata ad un paio di volte e non somministrata alla sera.

Sotto i 30°C invece, la loro alimentazione deve essere somministrata in piccole dosi molto frequentemente, per ottimizzare l’assorbimento dei nutrienti e ridurre la produzione di feci, questo inoltre spinge le koi a cercare cibo sempre e così facendo aumentano il loro movimento fisico potenziando la muscolatura. Hanno bisogno di energia immediatamente disponibile. Oltre a questo devono produrre riserve di grasso per superare l’inverno.

Le koi traggono energia dai carboidrati, ma bisogna fare molta attenzione a non eccedere, infatti un eccesso di questi nutrienti (carboidrati e zuccheri) provoca la condizione nota come “sovraccarico da carboidrati” con conseguente letargia, perdita dell’appetito, alti livelli di glucosio nel sangue, eccessiva massa grassa, steatosi epatica. Vanno nutrite sia in superficie che sul fondo per evitare di esporle troppo al sole che ne rovina la pelle ed i colori, e per far sì che le koi nuotino non solo in lungo ed in largo ma anche dal fondo alla superficie.

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