Il Fosforo è l’elemento chimico avente numero atomico 15 e simbolo P, non si trova in natura allo stato nativo, ma incluso nelle molecole di fosfato, che ha carica negativa (anione), e formula chimica PO43−.
I fosfati sono composti necessari alla vita degli organismi animali e vegetali e la maggior parte è solubile in acqua. Il fosforo è soggetto ad un ciclo biologico, noto col nome di “ciclo del fosforo”, che riguarda il suolo, l’acqua ed i sedimenti.
Si trasforma lentamente passando agli organismi viventi, attraverso le varie fasi del ciclo, ed ancora più lentamente viene restituito all’ambiente. Quello del fosforo è il ciclo più lento presente in natura rispetto agli altri cicli biologici.
Diversamente da altri composti, il fosforo non si trova nell’atmosfera sotto forma di gas, questo perchè esso, a normali temperature e pressioni atmosferiche, si presenta in forma liquida. Nell’atmosfera in fosforo si può trovare eventualmente sotto forma di piccole particelle di polvere dette fosfine.
CICLO DEL FOSFORO
Il fosforo si trova nelle rocce fosfatiche e nei sedimenti oceanici come sali di fosfato.
Essi vengono rilasciati dalle rocce ad opera degli agenti atmosferici e dissolvono nel suolo e nell’acqua dove vengono utilizzati dalle piante come nutrimento.
Gli animali si nutrono delle piante e quindi incorporano i fosfati nel proprio organismo.
Alla morte di tutti gli organismi viventi, il fosforo accumulato nelle varie molecole viene restituito all’ambiente per costituire i sedimenti oppure per tornare a ricostituire le rocce rimanendone segregato anche per milioni di anni
EUTROFIZZAZIONE DELLE ACQUE
Dato che nel suolo la quantità di fosforo è limitata, esso rappresenta un limite naturale alla crescita della pianta.Questo è il motivo per cui l’uomo ha iniziato a produrre industrialmente, e ad utilizzare, grandi quantità di fosfati per uso agricolo.
L’uso non controllato di questi composti, sia per uso agricolo che come componenti di detersivi, ha prodotto un rapido aumento del contenuto di fosfati delle acque noto col termine di “Eutrofizzazione“.
Essa indica una condizione di ricchezza di sostanze nutritive in un dato ambiente, in particolare quello acquatico, che ha come conseguenza principale la formazione delle alghe. Essa stimolano la proliferazione batterica per cui aumenta il consumo globale di ossigeno. L’accumulo inoltre di sostanze vegetali alla superficie dell’acqua (fitoplancton) comporta una limitazione degli scambi gassosi e quindi anche una diminuzione della ossigenazione naturale dell’acqua, e la mancanza di quest’ultimo provoca alla lunga la morte dei pesci.
Per promuovere il meccanismo della eutrofizzazione delle acque nei laghi sono sufficienti valori di 0.025 mg/l.
Nei nostri laghetti per lo sviluppo delle alghe sono sufficienti 0,1 mg/l, in modo particolare se a questi dosaggi si assomma l’effetto dei nitrati e della luce solare.
Un meccanismo simile alla eutrofizzazione, almeno nelle conseguenze, si verifica nei laghetti ornamentali, nei quali il sovraffollamento e la sovralimentazione, spesso presenti, producono un rapido aumento, ed un costante mantenimento, dei livelli di fosfati, che le sole piante acquatiche, eventualmente presenti, non sono in grado di smaltire efficacemente.
CONTENUTO DI FOSFATI IN ANIMALI E PIANTE
Negli animali si ritrovano nei muscoli, sotto forma di ATP (Adenosintrifosfato), nei denti, nelle ossa (80% del totale sotto forma di cristalli di idrossiapatite) o nelle lische dei pesci, nel DNA e RNA. Gli animali sono costituiti da fosforo per circa l’1%.
Nelle piante i fosfati entrano nella costituzione del DNA e RNA, nei fosfolipidi e nelle proteine in genere. Una sua lieve carenza produce foglie con una intensa colorazione verde, ma una carenza più accentuata produce denaturazione e necrosi fogliare. Dato che il fosforo è un nutriente cellulare, le vecchie foglie sono quelle che risentono prima di una sua carenza. Le piante sono costituite da fosforo per circa lo 0,2%.
Nel laghetto uno dei motivi della loro presenza deriva direttamente dalla sorgente d’acqua usata per riempirlo. Spesso gli acquedotti comunali trasportano acqua che contiene fosfati in quantità variabile. Essi sono talvolta usati per eliminare il piombo presente nell’acqua che in presenza di fosfati precipita come sale insolubile. La presenza di fosfati nell’acqua municipale dipende anche dall’inquinamento della falda ad opera del dilavamento di sostanze chimiche usate nell’agricoltura. I fosfati di un laghetto possono altresì derivare dalla somministrazione giornaliera del cibo, il quale, se non assorbito dall’intestino della koi, rientra nel laghetto con le deiescenze dei pesci. Quando le piante muoiono il processo di decadimento converte lentamente i composti complessi di fosforo contenuti nelle loro parti, in semplici ioni fosfato in un processo noto come mineralizzazione.
EFFETTO DELL’ECCESSO/CARENZA DI FOSFATI
Animali – L’industria del cibo usa i fosfati per diversi scopi. Ad esempio, nella produzione di carne, questi ioni solubilizzano le proteine. Nei prodotti da forno, come biscotti e cracker, i pirofosfati acidi reagiscono con delle basi (solitamente il bicarbonato di sodio) dando la lievitazione chimica, più veloce della naturale, ma con un gusto decisamente differente.
Studi recenti hanno dimostrato l’esistenza di una relazione tra un consumo eccessivo di queste sostanze e l’aumentato rischio di malattie cardiovascolari. In particolare, un eccesso di fosfati nel sangue potrebbe portare a sviluppare l’aterosclerosi, una patologia grave che causa un indurimento delle pareti delle arterie, con conseguente formazione di placche. Queste sono premessa diretta al verificarsi di infarti ed ictus.Per quanto rara, una carenza di fosforo, può portare a situazioni di debolezza, demineralizzazione ossea, anoressia, alterazioni nervose. Anche il VO2max può essere compromesso da una carenza di fosfato in quanto compromette il corretto funzionamento del 2,3-difosfoglicerato implicato nel rilascio di ossigeno da parte dell’emoglobina.
Un elemento in grado di contrastarne l’assimilazione, portando ad una potenziale carenza è l’idrossido di alluminio, presente in molti antiacidi.
Piante – Una eccessiva presenza di fosfati nel laghetto può indurre nella pianta una carenza di ferro, zinco e potassio con sintomi da deperimento per la loro carenza specifica.
Una carenza di fosfati, evento comunque piuttosto raro nei laghetti, produce nelle piante uno scarso sviluppo vegetativo dei germogli (nanismo) e delle radici, foglie piccole, esili, con colorazione bronzea. La fioritura avviene con una intensità minore e in modo tardivo, come pure la maturazione dei frutti. Infatti nella pianta i fosfati stimolano la crescita e lo sviluppo delle radici, sono necessari per la replicazione cellulare e la sintesi di DNA e RNA, migliorano la capacità della pianta di assorbire acqua ed altri nutrienti, accelera la fissazione dell’azoto e la regolazione enzimatica, promuove la crescita fogliare, lo sviluppo di fiori, frutti e semi.
Pesci – Il fosfato nel laghetto non sembra influenzare la salute delle koi come invece lo sono anche bassi livelli di nitrati. Questi ultimi sono stati per molto tempo considerati non poericolosi per la loro salute ma poi, col tempo e alla luce di nuove relazioni scientifiche,si è stabilito quanto i nitrati abbiano invece un forte impatto sulla salute a lungo termine delle koi. Non mi stupirebbe quindi che in un prossimo futuro nuovi studi mostrassero evidenze di danni alla salute delle koi prodotti dai fosfati.
Al momento è importante evidenziare come i fosfati rivestano un ruolo molto importante per la crescita delle koi quando somministrati col cibo.
Da sottolineare è che in un laghetto i fosfati sono utilizzati per la crescita di tutti gli organismi in esso presenti e quindi anche per la crescita dei batteri. Livelli nulli di fosfati in un laghetto creano difficoltà alla maturazione ed al mantenimento della funzione detossificante biologica operata dai batteri.
Studi scientifici hanno comunque rilevato che un dosaggio compreso tra 0.4 mg/l e 1.5 mg/l è sufficiente per una corretta crescita sia dei pesci che dei batteri del filtro. Valori superiori infatti non hanno prodotto significativi miglioramenti nelle koi, ma sono invece correlati con fioriture algali importanti che sono poi causa di altri tipi di alterazione nella biochimica dell’acqua del laghetto (vedi articoli su Ossigeno e pH).
COME SI MISURANO I FOSFATI
Le acque reflue municipali possono contenere da 5 a 20 mg/l di fosforo totale, di cui 1-5 mg/l sono organico ed il resto è inorganico.
Il fosforo nelle acque si ritrova in forma di:
• ortofosfato, termine ormai desueto per indicare il il PO43-, disponibile per in metabolismo biologico senza ulteriori scissioni;
• polifosfati (PO4-PO4-PO4) molecole con due o più atomi di fosforo, atomi di ossigeno, e qualche volta idrogeno, combinati in una molecola complessa. Solitamente i fosfati vanno incontro ad idrolisi e si trasformano in ortofosfati.
Tale processo è solitamente piuttosto lento;
• composti organici del fosforo (R-PO4). I fosfati organici hanno origini diverse: derivano dalla demolizione progressiva della sostanza organica, come ad esempio l’ATP, oppure sono legati alla produzione industriale, come ad esempio i fosfonati destinati a sostituire i polifosfati nei detergenti. Anche questi composti sono destinati in parte ad idrolizzarsi spontaneamente.I fosfati sono presenti in acqua in forma disciolta, colloidale o solida.
Pertanto, prima di procedere all’analisi, è necessario capire quale parte dei composti del fosforo si va ad analizzare.
I fosfati possono essere misurati tramite l’esecuzione di un test a reagente a lettura ottica oppure fotometrica (quest’ultima molto più precisa). Tuttavia la reazione sfruttata per l’analisi è specifica per gli ortofosfati; se si vuole determinare il fosfato, presente nelle altre forme, occorre un trattamento preliminare al campione. Lo ione ortofosfato forma con il molibdato ammonico un complesso fosfomolibdico che, per riduzione con cloruro stannoso, forma un complesso di colore blu dosabile colorimetricamente.
Quindi una lettura di fosfati corrispoondente a zero con i normali test a reagente, con molibdato ammonico, non necessariamente esprime una assenza di fosfati nell’acqua campione.Il trattamento preliminare del campione per ottenere la quantità totale effettiva di fosforo prevede una idrolisi acida che permette di trasformare i polifosfati in ortofosfati, che possono quindi essere letti dai normali test. Ma è un procedimento da laboratorio non da laghettista!!!
COME RIDURRE I VALORI DEL FOSFATO NEL LAGHETTO
• Eliminazione biologica del fosforo: Il fosforo nell’acqua è incorporato nella biomassa delle cellule, che è successivamente rimossa con l’asportazione del fango prodotto. Questo procedimento viene sfruttato nella rimozione dei fosfati dalle acque reflue durante il processo di depurazione dell acque definito enhanced biological phosphorus removal (EBPR). Esso sfrutta l’alternanza di processi aerobici e anaerobici nei quali i batteri specializzati (PAO: Polyphosphate accumulating organisms) trattengono alte quantità di fosfati. Tutti i batteri hanno la capacità di assorbire fosfati per la propria sussistenza ma questa speciale tipologia di batteri presenta delle caratteritiche perculiari in quanto possono metabolizzare il substrato in assenza di accettori di elettroni esterni (durante la fase anaerobica), sono in grado di accumulare fosforo, sotto forma di polifosfati, e di denitrificare.
Nel laghetto ornamentale non esistono le condizioni adeguate per selezionare questo particolare gruppo di batteri, ma la rimozione dei fanghi di deposito finisce comunque per rimuovere una certa quantità di batteri e con essi i fosfati da essi assorbiti ed utilizzati per la propria sussistenza.
• Precipitazione del fosforo: Con l’ausilio di sostanze chimiche, come i sali di ferro o alluminio, i composti di ortofosfato vengono precipitati come fosfati metallici poco solubili. La riduzione dei livelli di fosfati mediante trattamento con Solfato di Alluminio risulta estremamente più rapida ed efficace rispetto all’uso di soluzioni di idrossido di Calcio. Per quanto riguarda, invece, il confronto con l’Idrossido di Ferro, Il Solfato di Alluminio presenta capacità ed efficienza di adsorbimento confrontabile. Generalmente si preferisce utilizzare il Solfato di Alluminio per questioni di maggior economicità. E’ anche importante sottolineare che Il Solfato di Alluminio è estremamente insolubile in acqua ed il suo utilizzo non determina il rilascio di Alluminio solubile o di altri elementi che potrebbero avere effetti negativi sugli abitanti del laghetto. Gli svantaggi dei metodi di precipitazione del fosforo sono l’aumento della salinità dell’acqua. Inoltre i sali di fosfato precipitati vanno ad incrementare notevolmente il volume dei fanghi che devono poi essere rimossi dal filtro meccanico.
VEDI ARTICOLO : Abbattimento dei fosfati nel laghetto
• Sequestro tramite resine a scambio ionico: I fosfati possono essere filtrati in un laghetto anche tramite legame con resine a scambio ionico (cationiche). In pratica la resina, carica positivamente, attrae e lega le molecole di ortofosfato sottraendole alla soluzione. Una volta saturata la capacità di reazione della resina, essa può essere rigenerata attraverso un bagno in acqua ossigenata con rapporto triplo di acqua ossigenata rispetto al peso della resina asciutta.
• Cambi parziali di acqua: Data la presenza di fosfati insolubili nell’acqua e nei depositi costituiti dai sedimenti fangosi, la sostituzione, di parte dell’acqua del laghetto, per abbassare i valori del fosfato solubile, risulta efficace solo nel breve periodo, in quanto la riserva di fosfato contenuta in quei depositi si libera entro breve, riportando i valori all’equilibrio precedente.
Risulta comunque utile l’eliminazione dei fanghi di deposito del laghetto sia dal fondo che dal filtro questo soprattutto per eliminare l’eccesso di materiale organico che rende più impegnativo il lavoro effettuato dal filtro del laghetto.
• Riduzione e frazionamento dell’alimentazione: Le koi non hanno uno stomaco particolarmente efficiente, perciò di quello che mangiano ne assorbono solo la quota digerita dagli enzimi intestinali. La parte non digerita viene espulsa immodificata con le feci. Se il cibo che somministriamo è ricco di fosfati, e se le somministrazioni giornaliere sono poche ed abbondanti (1 o 2 al massimo), parte del cibo somministrato non verrà digerito e sarà liberato nel laghetto, contribuendo ad aumentare i livelli dei fosfati nell’acqua.
Ridurre leggermente la quantità di cibo giornaliero, ed aumentare al contempo il numero delle somministrazioni a 3-4 giornaliere (nel periodo caldo) rappresenta un modo efficace per evitare inutili aumenti dei valori del fosfato.
L’attività digestiva delle koi inoltre risente molto della temperatura dell’acqua ed una sua efficienza massima la si riscontra a temperature comprese tra 22-25°C per le quali il pesce evidenzia la migliore condizione anabolica espressa poi in una maggiore crescita per unità di cibo somministrato. Durante il periodo invernale risulta quindi utile somministrare un cibo contenente frazioni proteiche altamente digeribili, percentuamente diminuite rispetto al periodo estivo.